… “non lo farei per tutto l’oro del mondo!”. Stavo pedalando lungo il breve sterrato che conduce al Rifugio Elena quando una gentile signora mi ha detto, con molta circospezione, la frase che mi sono sentito dire già molte volte.
Non è una novità per un ciclista, soprattutto per chi utilizza la MTB per svagarsi. Sulla filosofia “ma chi ce lo fa fare” è inutile aprire un dibattito od una diatriba. Parlano le gambe ed i pensieri che corrono per la testa e ci accompagnano lungo tutti i nostri percorsi. Parlano le immagini che risiedono nei nostri brevi ricordi e che ci sforziamo di catturare, in qualche modo, con artifizi come la fotografia. Le corse lungo le nostre valli, trafelando su salite prima o poi impervie, sono sempre ricordi impalpabili, che vengono ingigantiti quando chiachieriamo con gli amici. Le salite sono misurate con i “metri dei pescatori”, le pendenze aumentano sempre virutalmente … anche se sono sempre le stesse. Dure, ma sempre le stesse. E metterci l’IVA dei nostri ricordi sopra di esse aiuta a ritornarci nuovamente sopra o a far sì che altra gente ci vada.
Così, un giovedì anonimo, sfruttando un giorno libero dal lavoro, decido di passeggiare lungo la Val Ferret. Un percorso molto ibrido. Tanto asfalto e poco sterrato: un itinerario da far storcere il naso ai puristi del fuoristrada. La MTB è indispensabile per finalizzare, per arrivare agli obiettivi prestabiliti: il Rifugio Elena ed il Rifugio Bertone. Alla ricerca di nuovi stimoli? No. La Val Ferret la conosco come le mie tasche e l’anello Courmayeur, Bertone, Val Sapin, Courmayeur ormai non ha nulla da aggiungere ad una “carriera” di biker. E poi non ho voglia di saccagnare la bici lungo la spaventosa mulattiera che scende a picco dal Bertone fino allo sterrato della Val Sapin. Ho già dato.
Lascio il piazzale di Courmayeur e salgo il tratto d’asfalto fino ad Arnouva (14 km circa). 3 km di sterrato conducono al Rifugio Elena. Sempre dritto: impossibile perdersi. L’ambiente Val Ferret è grandioso, come tutto ciò che è a contatto con il Monte Bianco. Superata l’erta salita che conduce alla partenza della Funivia ad Entreves, e sforzandosi di dimenticare le auto, si entra piano piano in una delle ali del Museo dell’Alpinismo che è il Grande Massiccio. La bici sfila ai piedi del Dente del Gigante, lascia lontana la Cresta di Rochefort, le tre vette delle Grandes Jorasses. Silenziosa, accompagna quei poveracci che giocano a golf e sono ricurvi sulle palline che girano … a noi, comuni mortali, girano in altri momenti.
Risalgo ancora: un paio di tornanti e si raggiunge il “parcheggio” per chi compie l’escursione al Grand Hotel Walter Bonatti, nel vallone di Malatrà. Sulla sinistra l’imponente mole della Est delle Jorasses ed il circo ghiacciato che da sulla Crete des Hirondelles ed il ghiacciaio di Frèbouze. Sono angoli di mondo dove Gervasutti ha dettato legge, suo dominio incontrastato prima di precipitare dal pilier del Tacul che reca ora il suo nome. Ancora avanti, lungo pianori splendidi, non fosse per la beceraggine delle macchine parcheggiate ovunque, anche su prati imbevuti d’acqua ed ornati dallo splendido Lino delle Fate. Chiudiamoli questi paradisi, fin quando siamo ancora a tempo. Lasciamoli godere agli uomini, e non alle automobili, E dai …!
Arnouva. Finisce l’asfalto e l’interpoderale cambia storia e pendenza. Un breve tratto pedalabile con una certa facilità e poi ancora un giro di vite al pendenziometro. Ci sono tanti turisti, finalmente costretti a piedi, lungo questo sterrato. Non sono un problema: la strada è larga ed è facilmente transitabile. C’è posto per tutti.
Rifugio Elena. Ampia vista sul ghiacciaio di Pre de Bar e sul Dolent, il monte dei 3 stati (Italia, Francia e Svizzera), uno degli angoli delimitatori del Bianco. La meritata sosta al rifugio svela la splendida posizione della Val Ferret, potendo godere di una straordinaria vista panoramica su di essa.
Ora tocca al Bertone. Discesa fino a raggiungere un ponte che si incontra prima di “entrare” in Planpincieux. Attraversata la Dora di Ferret scatta immediatamente il “rapportino” per salire le accidentate porzioni di ampio sentiero che conducono in direzione della Cresta della Saxe. Dopo una prima fase non troppo ripida, il lungo traversone in direzione S si impenna brutalmente, costringendo a pedalare di forza, proprio sopra a delle radici di abete. Dopo molla: la vegetazione scompare e di colpo si apre la magia del panorama sul versante della Brenva e lungo tutta l’antistante Val Veny. Il sentiero sale docile (è meglio seguire la carrareccia piuttosto che il sentiero pedonale) prima di arrivare ad alcune casere distrutte dal tempo. Ancora un traverso facile, poi un improvviso tornante immette ad una rampa che è proprio impossibile da pedalare. 10 minuti a spinta e poi si può ritornare in sella.
Superata una spalla erbosa, ove ci sono altre baite diroccate, incomincia un brano di sentiero che difficilmente può essere dimenticato. Si procede sempre in falso piano, su di una larga spalla erbosa, al cospetto della grandiosità del Bianco. Spettacolare, la colata della Brenva è lì a due passi. I ghiacciai pensili delle Jorasses sono ad un altro tiro di schioppo. Sono colpi di pedali in paradiso, credetemi. Rare tracce di emozione rimangono sempre dopo “quel chilometro”. Qui occorre lasciar perdere prestazioni, cardiofrequenzimetri, tachimetri e tutte queste piccole stronzate. Contano gli occhi ed il cuore. Non salite fin qui per l’allenamento, per il fisico. Affrontate questa breve ed impervia montagna per voi stessi. Se fa brutto andate altrove!
Itinerario
Rifugio Elena: partenza dal termine dell’asfalto della Val Ferret, in località Arnouva. 3 km di carrozzabile facile su pendenze non proibitive. L’ABC per chi volesse toccare con mano cosa significhi andare in MTB. A sè stante è una gita senza senso!
Itinerario. Terminato l’asfalto proseguire lungo lo sterrato. Un paio di lunghi diagonali e poi uno zig-zag finale portano al Rifugio Elena. Tutto molto semplice. Tanti turisti a piedi lungo il percorso nei mesi canonici!
Cartografia. Istituto Geografico Centrale – Il Massiccio del Monte Bianco – F. 4- Scala 1:50000.
Acqua: non c’è lungo il percorso. Necessario provvedere mentre si sale l’inizio della Val Ferret.
Impegno fisico: trascurabile.
Prestare particolare attenzione a: traffico pedonale sullo sterrato.
Rifugio Bertone: partenza dal ponte sulla Dora in località Planpincieux.
Itinerario: ad un km circa oltre Planpincieux, al termine di un lungo pianoro seguito da due strappetti, compare un ponte sulla Dora. Imboccarlo e seguire il sentiero. L’unico bivio che trae in inganno lo si incontra 100 metri dopo il ponte. Seguendo fedelmente il tratturo principale si finisce dritti ad una cascina. Occhio invece a seguire il sentiero che sale verso la cresta delle Saxe, spartiacque che separa la sinistra orografica della Val Ferret dalla Val Sapin. Una volta imboccato il sentiero giusto non ci sono più problemi. Nota: è possibile, una volta raggiunta la “Spalla della Saxe” scendere al Bertone e continuare la discesa molto tecnica sulla mulattiera della Val Sapin. La discesa è altamente tecnica e pericolosa nel primo tratto (tornante su precipizio: occhio!). Poi presenta soltanto difficoltà di equilibrismo. Attenzione anche qui ai numerosi turisti che salgono al Bertone dalla Val Sapin. Il giro ad anello di 17,2 km Courmayeur, Planpincieux, Bertone, Val Sapin, Courmayeur, lo consiglio fuori dai mesi caldi del turismo, onde evitare reciproci smarronamenti.
Cartografia. Istituto Geografico Centrale – Il Massiccio del Monte Bianco – F. 4- Scala 1:50000.
Acqua: fontana a metà strada tra Entreves e Planpincieux, seminascosta in un angolo di parcheggio, poi a Planpincieux vicino al noleggiatore di MTB del piazzale utilizzato a mo’ di parcheggio stadio del fondo.
Impegno fisico: notevoli strappi di salita lungo il sentiero. Non è una gita per chi soffre di vertigini e non si sente sicuro in spazi aerei.
Prestare particolare attenzione a: sentiero molto trafficato durante il periodo turistico.
Note: per come ho fatto io l’itinerario occorre qualche km di allenamento, in quanto sono quasi 46 km e con 1300 metri di dislivello. Data l’alta percentuale di asfalto i puristi possono storcere il naso. Come ho già detto questa gita va valutata per il contenuto estremamente spettacolare. Da intraprendere solo con tempo bello e visibilità migliore possibile.