Senza offesa: l’escursionista semi-alpinista che ha salito tutte, o quasi, le montagne valdostane, ma non ha messo piede sulla vetta al centro del mondo rosso&nero (mi riferisco a quello del Leone Rampante, non l’altro di sicuro minor interesse …) è come se possedesse tutti i francobolli della Repubblica Italiana, ma si fosse lasciato sfuggire il “Gronchi Rosa”. Apro con questo improbabile paragone il racconto di salita ad una montagna distante da tutto, rumore, traffico, insediamenti, esseri umani, distaccata con snobismo dall’ordinarietà, ma imponente a sufficienza per farsi notare da quasi ogni angolo della Valle d’Aosta.
L’Emilius occorre guadagnarselo, anche se l’accomodante seggiovia di Chamolè stralcia parte delle fatiche terrene, aiutando l’errante a limare di un paio d’ore la durata del viaggio. Quest’attimo lussuoso consente ai calcagni di non disfarsi del tutto, dato il lungo incedere necessario al compimento dell’escursione.
Logistica: l’idea folle, forse diversa, forse presuntuosamente originale, è quella di fare l’Emilius in giornata. Della serie “semimasochisti si nasce” la cosa viene facilitata durante la stagione di apertura degli impianti di Pila (per verificare la disponibilità, gli orari e le tariffe, consultare il sito della stazione). Conquistata la vetta, via di corsa per scendere nello splendido vallone di Comboè, per riguadagnare Pila, attraverso il Col di Plan Fênetre e San Grato. Ovviamente il titolo di “masochista Doc”, spetta di diritto a chi parte all’ora che il dì non è ancora inventato, da Pila, per fare andata e ritorno senza alcun aiuto. Stiamo parlando di escursionisti normodotati e non di skyrunners … questi veri fenomeni partono da Piazza Chanoux, ad Aosta!
Razionalità applicata alla logistica: Pila, seggiovia di Chamolè, salita all’Emilius, discesa e pernottamento all’Arbole, perchè l’ultima corsa dell’impianto è alle 17:30 in alta stagione. Questa proposta calza a pennello a chi vuole salire l’Augusta Piramide in tutta scioltezza e con molta calma. Ho visto gente partire alle 8 dall’Arbole ed alle 15 essere ancora ben sopra il Col des Trois Capucins … con la seggiovia da prendere ed i terribili 150 metri di dislivello in salita (per nulla tenera) ancora da “fare” per raggiungere, dall’Arbole, il col di Chamolè. E’ chiaro che il gestore dell’Arbole ha corrotto madre natura per trovarsi in una simile dislocazione!
Scherzi a parte, prevedendo il ritorno in serata dall’Emilius, il giorno successivo il pernottamento all’Arbole, rimane tutto il tempo per una splendida gita, quasi gratuita, ai 3.090 metri della Vallettaz, il cui sentiero parte a pochi metri dal Col Chamolè. Con grande calma si riesce a rientrare all’impianto senza sciupare alcuna porzione di giornata. Due grandi gite al prezzo di un solo pernottamento.
La cronaca. Dritto e filante il sentiero parte appena oltre l’arrivo della seggiovia di Chamolè. In pochissimi minuti si raggiunge il lago Chamolè a quota 2.311. Una serie di serpentine approccia la salita al colle omonimo, posto a quota 2.641 metri. Lasciato alle spalle il bel panorama sulla valle centrale e l’opposto Gran Combin, il battuto cala lungo il fianco ripido della Testa Nera, adagiandosi su una comoda cengia terrosa, molto larga e leggermente esposta durante il primo tratto verso la conca d’Arbole. La vista si inasprisce di colpo, trovandosi a capo di un vallone sassoso, appena ingentilito dalla foggia del Lago d’Arbole e dai prati del bordo settentrionale del catino. Il resto è tutto una serie di sfasciumi che riescono a condividere la loro esistenza con tratti erbosi. Il pieno controsole del mattino non aiuta di certo a capire con esattezza la morfologia del resto della gita.
Superato il rifugio (2.507 m.) ed il Lago (2.490 m.) di Arbole, il sentiero costeggia la sponda nord ed incomincia a salire su docili pendii quasi mai duri. L’ambiente è sempre più anonimo e selvaggio, costantemente inasprito dall’insorgere delle creste che si ergono a baluardo difensivo di questo lontano angolo. E’ degna di nota la tetra forma dello spartiacque che porta alle pendici della Punta Garin, la cui regolare piramide domina il fianco destro del vallone. E’ facile udire il tintinnio dei chiodi e dei moschettoni di chi arrampica lungo questa cresta. Alle spalle lasciamo la Vallettaz, mentre alto e ben distaccato alla sinistra, finalmente l’Emilius.
Proseguendo lungo la traccia, che si destreggia in un paesaggio dall’aspetto sempre più marziano, finalmente appare all’orizzonte il termine del vallone: un contrafforte con due depressioni appena accennate, separate al centro da una testa rocciosa franca. La depressione di destra è il Col d’Arbole, 3.154 m., viatico per la tormentata discesa nei pressi dell’opposto Colle di Laures (vedi Leppe, Lussert e Laures). La depressione di sinistra, caratterizzata da pinnacoli rocciosi molto evidenti, è il Col des Trois Capucins, 3.241 m., la vera porta d’ingresso all’Emilius.
Man mano che si guadagna quota, il color ruggine delle pietre prende il sopravvento al verde sempre più incolore. I nevai residui, incastonati ai piedi delle Punte Rousses e del col d’Arbole, spezzano la monotonia. Un vero gioiello appare il Lac Gelè (2.956 m.), bacino posto esattamente sotto il contrafforte Sud-Ovest dell’Emilius, la cui presenza ingentilisce ed arricchisce la grezza costa rossiccia. Appena superato il lago, il sentiero si impenna lungo una sorta di lingua morenica, nei pressi del cui culmine appare un bivio fuorviante ai poco pratici. Il segnavia “102”, quello della via Francigena, indica il percorso verso il col d’Arbole, distogliendo l’attenzione dalle pennellate gialle che riportano il numero “8”, il sentiero per l’Emilius. L’ambata secca, da giocare sulla ruota di Aosta, porta verso il colle dei Tre Cappuccini. Dapprima lungo una traccia accettabile, poi perdendosi nella solita smisurata pietraia di circo. Segni gialli e qualche ometto indicano la retta via che, dapprima discende leggermente, per impennarsi in modo brusco. Sono venti minuti di fuoco quelli che separano l’ultimo piano dai Trois Capucins.
Quota 3.241 m., ovvero il Col des Trois Capucins. Trecento metri più in alto appare la vetta dell’Emilius, leggermente reclinata a settentrione. Una breve traversata esposta (il tratto più pericoloso) conduce all’assalto finale. Sono due le possibilità: seguire i tratti gialli, che passano lungo il filo della cresta, oppure salire sul battuto che, dato il fianco ripido della montagna, rimane un pochettino insidioso. In salita è meglio la bella cresta. Ogni tanto sfugge all’anonimato della pietraia costringendo ad elementari passaggi di I grado, giusto per tenere in allenamento anche gli arti superiori. Mai niente di complicato, però, poggiando sempre i piedi sul solido. In poco meno di un’ora dal colle alla vetta è cosa fatta. La salita è regolare ma la pendenza è un fattore significativo, in sinergia con l’effetto quota. L’arrivo in vetta è puro delirio da panorama!
Purtroppo la giornata, anche se bellissima, ha predisposto nuvole lungo tutti i confini della Valle d’Aosta, quindi si riescono a scorgere a tratti i grandi gruppi montuosi. Solo il Cervino ed il Monte Rosa rimangono perennemente celati dai cumuli … tocca ritornarci! E’ inutile dire che da qua sopra si vede qualsiasi angolo della regione e ben oltre confine. In giornate particolarmente terse addirittura il mare …
Ciò che però fa grande l’Emilius sono le vicine punte che, viste dalla conca di Aosta, svettano al suo pari, ma che scompaiono una volta rimirate dalla cima. La Becca di Nona è poca cosa, la Garin è un innocuo trapezio, la cresta delle Roueses, Grand e Petit, terminano basse con il lento digradare a valle della Becca di Salè. La Tersiva è la sorella più prossima, che sbuca prepotente dietro la Leppe. Assolutamente insignificanti la Punta di Laures e le Rousses, immediatamente avanti in direzione sud. Soltanto la Grivola mantiene la sua dignità al pari del Gran Paradiso, il quale si presenta conteso tra le nuvole, con il ghiacciaio della Tribolazione in buona evidenza.
A nord, bassissima, la conca di Aosta: ci sono tremila metri di dislivello! Esattamente sotto i nostri piedi il selvaggio vallone dell’Arpisson, con uno dei due versanti Nord. Non si riesce a scorgere il ghiacciaio che prende il nome dal vallone stesso. Ancora più spettacolare lo spicchio NE; stretto tra due poderose creste, si erge praticamente verticale dal piccolo ghiacciaio di circo. Mentre la cresta di sinistra delimita il versante est del vallone d’Arpisson, quella di destra chiude verso il Lac en Bas de Laures disegnando una traiettoria impreziosita da roccioni in pieno stile gotico. Avvistato il rifugio privato Menabreaz, il panorama prosegue gustando il Lac Long ed il Lac en Haut de Laures. Vista da qua sopra la zona dell’Emilius appare come uno straordinario altopiano, ricco di montagne, di contrafforti, di laghetti … insomma da un sacco di cose belle, che riempiono gli occhi, ma che non lasciano scampo alla diagnosi finale: solitudine. Un enorme territorio per eremiti.
La discesa, contrariamente alla salita, è bello percorrerla lungo il sentiero terroso/di pietrisco, che corre leggermente a sinistra della cresta sud. Tornati al Col des Trois Capucins riprende la tribolazione della pietraia. La luce pomeridiana ingentilisce il vallone dell’Arbole ed il rutilante riflesso delle pietre rende meno ostile l’aspetto del luogo. La discesa sembra inspiegabilmente lunga, dopo l’improvvisa picchiata dalla vetta ai piedi del colle. Le pendenze, successivamente, si fanno da parte, dilatando l’arrivo al rifugio Arbole. Nei pressi di quest’ultimo, in direzione ONO, tracce appena segnate (“16” è il timido segnavia)* immettono dentro ad un vero e proprio dirupo. La via scende uno strettissimo canalone, per immettersi in un terreno misto a pietre e rododendri. Ci vuole una mezz’ora abbondante per raggiungere gli stupendi prati vellutati della conca di Comboè, luogo di una bellezza straordinaria.
*Ovviamente seguendo il “16” si lascia la via dell’andata, per la variazione del Comboè (in mappa la traccia arancione). Non intraprendete questa variante se siete particolarmente stanchi. E’ paradossale, ma è meglio salire al Col di Chamolè per planare su Pila sfruttando il sentiero che scende nei pressi della seggiovia. Nel caso la seggiovia fosse aperta ed avete il biglietto di sola andata, è possibile pagare alla stazione alta.
Raggiunto il Piano di Comboè non resta che salire al Col de Plan Fênetre. Sono pochi metri ma si avvertono, per via della già ragguardevole mole di strada nelle gambe. Dal colle un ultimo sguardo verso la Becca di Nona e l’Emilius, e via, in discesa, potendo scegliere tra due sentieri. Il primo taglia a mezza costa, per riportarsi in zona seggiovia di Chamolè. Il secondo digrada su San Grato. In ogni caso il rientro a Pila è garantito.
Considerazioni finali. L’Emilius deve essere una montagna da inserire nel curriculum vitae dell’escursionista valdostano! E’ una gita dolorosa per lo sviluppo chilometrico, mentre le pendenze sono importanti solo nei pressi dell’assalto finale, da quota 3.050 m. in su. Che sia il miglior belvedere della regione è indubbio … occorre soltanto una giornata perfetta! Bando alle banalità, l’Emilius è una montagna da affrontare pienamente equipaggiati: la quota è importante e qualsiasi forma di civiltà è ben lontana (rifugio Arbole a parte). Andateci: ne rimarrete sicuramente soddisfatti. Però vi voglio sufficientemente allenati per poter godere dopo la lunga salita. 3.559 metri sul livello del mare non sono affatto uno scherzo.
Info per il Monte Emilius
Altitudine: 3.559 m.
Quota partenza: 2.290 m. (arrivo seggiovia Chamolè)
Dislivello totale: 1.534 m.*
Località di Partenza: Pila, Gressan.
Tempo totale: 10 ore. 5 ore e 30 min. andata, 4 ore e 30 min. ritorno, con discesa sul Comboè, via Col de Plan Fenêtre.
Difficoltà escursionistiche: EE
Esposizione: O + S
Mappa: IGC foglio 3 – Parco Nazionale del Gran Paradiso, scala 1:25.000
*Calcolo del dislivello: 351 m. partenza seggiovia – Col di Chamolè. 1.062 m. Lago di Arbole (2.497 m.) – vetta Emilius, 121 m. Piano di Comboè (2.100 m.) – Col Plan Fênetre (2.221 m.)
Da Pila, raggiungere il piazzale antistante la partenza della seggiovia di Chamolè. Consultare il sito www.pila.it per notizie e ragguagli su orari seggiovia e tariffe estive. Per chi non desidera salire a Pila in auto, c’è la possibilità di partire da Aosta, piazzale funivia Aosta-Pila.
Accesso automobilistico
Autostrada: uscita casello AOSTA EST, seguire le inicazioni per Gressan, quindi Pila. La strada parte di fianco, lato est, del grande parcheggio della teleferica Aosta Pila.
Risalire la strada per Pila, fino al parcheggio antistante la seggiovia di Chamolè, il primo impianto a fune che si incontra.