Escursione Petit Mont Blanc – La Visaille, Val Veny, Courmayeur

Qual è il limite, il sottile confine, che separa un’escursione impegnativa dall’alpinismo, seppure in forma “light”? Proseguo nella riflessione chiedendo scusa per questa specie di neologismo. Cosa posso scrivere a riguardo di un itinerario del genere, sicuramente non confacente al comune escursionista? Il dovere è, per certo, mettere sul chi-va-là qualsiasi persona desideri prendere in considerazione la salita al Petit Mont Blanc.

Il delta è la quantità di neve. Quest’anno, 2001, è in quantità notevole. Il discriminante quindi sono le condizioni stagionali. Ancora ad agosto la neve si trova a quota 2.600 circa. In primis sono rimasto sorpreso da relazioni scritte da altri (“generiche”, non sicuramente freschissime) e, due settimane prima del tentativo riuscito, sono dovuto tornare indietro a quota 2.880 m., ricacciato dalla mancanza di ramponi, nel bello dello scivolo ripido che, un anno povero di neve, rende queste pagini inutili se non nella forma, almeno nella sostanza.
Dato che ritengo doveroso accettare dignitose sconfitte, piuttosto che vittorie arrischiate, ho accolto il verdetto della montagna, dandomi dello stupido per non aver portato con me un utilissimo paio di ramponi. Tornando indietro dal primo assalto sono stato gratificato anche da un violentissimo temporale, scoppiato in modo alquanto improvviso e sostenuto; un regalo classico del versante sud del Monte Bianco. Se una persona deve credere alle coincidenze, al ricorso delle situazioni, allora diciamo che il segnale è stato recepito forte e chiaro. Ritornerò: basta proseguire il racconto!

Ed eccomi, dunque, ai piedi di questa favolosa montagna, una freddissima giornata di agosto, di quelle fatte con il cielo blu cobalto, passato alla smerigliatrice del vento da nord. Via qualsiasi perturbazione, via ogni afa od elemento ostile all’ottica umana e fotografica, una maglia sulle spalle, il morale a mille ed i ramponi stipati nel sottofondo dello zaino. Questa volta ho tutta l’intenzione di regolare i conti.

Lascio La Visaille abbastanza presto ed in mezz’ora raggiungo la conca del Combal. La luce è quella da cartolina ma, prima di arrivare, si staglia in leggero controluce la porzione di piramide della Noire du Peuterey: che eleganza la sua parete ovest, strapiombante verso la sommità. Poi il profilo del Freney al Bianco. Un primo panorama sul gotico, segato a metà dalla morena del Miage.

Raggiunto il Combal, lasciamo il prefabbricato-bar per prendere il sentiero n. 14, verso il bivacco Gino Rainetto, aerea scatola rossa ben distinguibile al sole del mattino. Là sopra, adagiata su una spalla nevosa, appena sopra l’Aiguille du Combal, fa male vederla così lontana. Quindi il miglior viatico per proseguire è il traverso in piano posto a mezza altezza tra il Combal e la parallela morena del Miage. Arrivati ove la morena scompare nella valle, il nostro sentiero piega seguendo il fianco della montagna, per salire con un lungo diagonale in direzione SSO. Raggiunto il centro del pendio, la strada inizia a zigzagare in direzione dell’evidente torrente che scende dai nevai che ospiteranno la nostra salita dura.

Come dicevo, il Petit Mont Blanc non è un’escursione proprio tranquilla. Raggiunta quota 2.250 circa, le pendenze si impennano. Finalmente la quota aumenta in modo drastico, così come la voglia di capire dove ci si va ad infilare. Minacciose, le pareti rocciose indicano chiaramente la strada da percorrere, anche se il sentiero deve districarsi faticosamente lungo facili roccette, soprattutto dopo aver attraversato il torrente. Qui la salita è decisamente più atletica: occorre prestare ben attenzione e usare le mani per risalire in facile arrampicata alcuni salti rocciosi. Niente di speciale, però occorre prestare attenzione.

Superato il tratto più ripido, il sentiero sconta di poco la pendenza, per risalire il fianco destro orografico del vallone ricco di sfasciumi. Le pennellate gialle portano ad attraversare la prima pietraia, poi incomincia la neve. Siamo a quota 2.600, il giorno 11 agosto. Parlando con altri escursionisti al Rainetto, mi è stato riferito che la neve gli anni precedenti si trovava solo a partire dal bivacco. Ora ci sono 400 metri di dislivello buoni da percorrere su nevaio.

Il primo attraversamento è banale, nonostante la neve dura, ed è sicuramente più facile che camminare sulla pietraia. Si raggiunge un’isola rocciosa con una cascatella da superare alla sinistra. Ritorna visibile il sentiero su del pietrisco, per poi farsi nuovamente inghiottire dalla coperta bianca pochi metri oltre. Il secondo nevaio è un po’ più ripido. Anche questo lo si attraversa abbastanza agevolmente. Avvistato uno scoglio roccioso calzo i ramponi: l’uscita di questo tratto incomincia ad essere significativa e, le fredde temperature della giornata, rendono la neve insidiosa.

Il terzo tratto innevato è il più ripido e pericoloso se percorso senza ramponi, almeno a quest’ora del mattino. Purtroppo non è visibile il bivacco, nè le tracce di vernice gialla che delimitano il percorso. Quando le pendenze diventano veramente impressionanti, ed ho ormai superato il colletto che introduce all’Aiguille du Combal, trovo le tracce su di una cresta rocciosa, delimitante l’attiguo vallone. Tolgo i ramponi, risalgo il ripido sentiero che alterna rocce scoperte a nevaio con pendenze più accettabili. Il bivacco, alla buon’ora, compare e, sempre su pendii più docili si raggiunge facilmente. Coloro i quali hanno scelto di salire direttamente dal nevaio, senza passare dalla cresta, sono legati in cordata e procedono di conserva …

Appena pochi metri prima di raggiungere il Gino Rainetto, il panorama finalmente si apre e compare il Bianco dal suo versante di Bionassay, sicuramente il più selvaggio e remoto. Opposta al Bianco l’Aiguille des Glaciers, piramide delimitata da bastioni separati da numerosi couloirs. Avanti a noi la spalla del Petit Mont Blanc e l’elegante piramide della Trelatete, poco protagonista. Avrà la sua rivalsa e si mostrerà in tutta la sua scintillante bellezza più tardi. Intanto la danza gotica della Cresta di Peuterey incomincia a prendere forma, lasciando spazio a geometrie ardite quanto lontane dalla nostra comoda realtà. Alle nostre spalle, sprofonda il vallone appena risalito, puntualizzando il fatto che anche la nostra è stata, fino ad ora, una piccola impresa.

In pochi istanti il Rainetto è raggiunto. Un po’ di riposo, qualche ripresa anche all’affiorante gruppo del Rutor, ai lontani profili del Combin, del Cervino e del Rosa, oltre al regolare triangolo del Berrio Blanc. La cresta del Favre, tra l’Arp ed il Chavannes è quasi insignificante, al cospetto dello spettacolo visto in tutte le altre direzioni.

Ancora un’ora abbondante di camminata mi separa dalla vetta del Petit Mont Blanc. Ricalzo i ramponi, anche se qui non ce ne sarebbe più bisogno. Il sole ha ormai compiuto il suo dovere e la neve incomincia a cedere sotto il peso degli scarponi. Per fortuna non fanno zoccolo. Subito una bella rampetta saluta il bivacco. Quindi un po’ di falsopiano per rifiatare, ma all’orizzonte compare l’ultima fatica della giornata: una gobba di cammello impenna il profilo della cresta e nasconde agli occhi la capsula di sfasciumi che delimita la vera meta terminale di oggi.

Incomincia anche a sentirsi il fiatone; l’altimetro segna 3.260 quando incomincio la risalita della gobba. In dieci minuti abbondanti anche questa sofferenza è terminata, ed ora la cresta converge in un fantastico pianoro, dominato dalle roccette terminali. Una facile rimonta di queste ed ecco l’arrivo in punta, in realtà un po’ stretta e scomoda. Certo che il panorama ora è grandioso. La morfologia della vetta offre una cresta a discendere che si strozza e si concentra in vere e proprie lame di pietra. L’immenso profilo SE del Bianco, con i tre ghiacciai di Bionassay, del Dôme e del Mont Blanc cattura in pieno lo sguardo. Mimetizzato compare persino il Gonella. Divertitevi a trovarlo, se andrete al Petit Mont Blan! In basso, scorre la detritica lingua del Miage.

Ma la vetta che più sorprende è la Trelatete, con il suo profilo settentrionale verde azzurro, ghiacciato, assolutamente dominante. A sinistra il tormentato ghiacciaio di Leè Blanche, l’Aigiulle des Glaciers, poi lontane e basse le Pyramid Calcaires ed il Col de la Seigne. Uno scatolino insignificante è il rifugio Elisabetta, 1200 metri più basso. E non vogliamo parlare della cresta di Peuterey, ormai scintillante nella sua intierezza, che inanella una dopo l’altra guglie di assoluto valore alpinistico, cui basta accennare soltanto i nomi per far tremare le gambe? Noire du Peuterey, Dame Anglaises, Blanche du Peuterey, l’Innominata … ci sono due volumi della Treccani dell’Alpinismo a portata di mano!

Rientro a La Visaille consapevole di essere stato in un luogo talmente bello da sfuggire ad ogni logica di classificazione. “Hors categorie” direbbero i francesi. E’ vero. Ma occorre ricordare che soprattutto anche qui la montagna è assolutamente severa e non fa sconti: le pendenze sono reali e tangibili, è importante affrontare questa salita attrezzati e consapevoli delle proprie capacità e forze. Soprattutto bene informati su qualsiasi aspetto: dalle condizioni di innevamento fino ad un meteo rassicurante. I velocissimi ed improvvisi temporali, paritcolarmente in questa zona, non hanno un gran senso dell’umorismo. Per escursionisti molto esperti.

Info per il Petit Mont Blanc

Altitudine: 3.420 m.
Quota partenza: 1.659 m.
Dislivello totale: 1.761 m.
Località di Partenza: La Visaille, Val Veny, Courmayeur.
Tempo totale: 5 ore / 5 ore e mezza
Difficoltà escursionistiche: F (EE, senza neve)
Esposizione: E, dove conta.
Mappa: IGC foglio 4 – Il Gruppo del Monte Bianco, scala 1:50.000

Appoggio: bivacco Gino Rainetto, 9 posti.

Altre note: partenza da La Visaille, dove la sbarra chiude l’accesso alla strada asfaltata per il Combal. Attenzione al parcheggio: ho visto gente litigare con i vigili a causa di multe, avendo parcheggiato di fianco ad un divieto di sosta grosso come un eliporto. A La Visaille il pullman di linea deve fare manovra. Nel piazzale, è tutto vietato! Comunque la mattina presto non si trova la marmaglia, ed è facile lasciare l’auto nei pressi della sbarra lungo la strada.
Il tempo indicato in tabella è quello da me impiegato realmente, dovendo calzare e togliere i ramponi più volte. Senza neve credo che si possa fare in mezz’ora più velocente. Per questa gita è necessaria attrezzatura ed abbigliamento da alta montagna: nel caso sono utili imbrago, corda, oltre ai ramponi, picozza o bastoncini. Non fidatevi mai troppo dei pendii a ridosso del Bianco, sono dei fenomenali ricettori di temporali.

Accesso automobilistico

Autostrada: uscita COURMAYEUR. Proseguire per Val Veny.

Procedere fino alla fine della strada per la Val Veny.

Attenzione: la strada per la Val Veny è soggetta a restrizioni di traffico nel periodo maggiormente affollato (tra luglio e le canoniche settimane di agosto). Prendere informazioni in merito, prima di salire a La Visaille nel periodo “caldo”.