Le luci del giorno stanno scemando, catturate dal nascere della sera. Stiamo procedendo in discesa lungo il Sentiero Reale che dai Casolari di Orvieille porta con un infinità di tornanti a Degioz, capitale della Valsavarenche. Il dolcissimo declivio e l’ampiezza del sentiero lasciano libera iniziativa al chiacchiericcio, intervallato da doverosi silenzi. E’ eterna questa parte dell’itinerario; Vers le Bois sembra essersi spostato vicino ad Introd, scomparso, perduto oltre il fitto bosco che stiamo attraversando. Durante i momenti di riflessione ripenso a quanto abbiamo salito oggi: la Punta di Bioula. Così immagino come sarà questo momento, quello in cui devo rivivere per iscritto l’escursione vissuta.
La prima idea che mi è passata per la testa è stata quello di prendere un foglio di carta, elettronica, quindi scrivere tutti gli aggettivi immaginabili e possibili riguardo a questa monumentale escursione. Ho provato: lista lunghissima. Gli aggettivi aiutano, sono il sapore del racconto. Se dovessi utilizzarli tutti scriverei un romanzo, allora lascio stare e procedo nel modo più descrittivo possibile, ammesso che per la Bioula ci si possa limitare ad un mero racconto in puro stampo escursionistico.
Degioz, strada per Vers le Bois. Il cartello indicante Orvieille (sentiero n. 8) e Punta di Bioula (8a) riporta la terrificante segnalazione di 7h e 30. Inghiottiamo il boccone amaro e saliamo verso Orvieille. Fino all’ex Reale Casa di Caccia nessuna sorpresa. I colori del bosco sono da brivido, illuminati dal primo sole che riesce a superare l’alta barriera della Grivola.
Ad Orvieille facciamo il pieno, mossa lungimirante, perchè dopo troveremo soltanto il rumore dell’acqua che scorre profonda dentro le ciclopiche pietraie, senza alcuna possibilità di rifornimento! Da qua in poi ci rimettiamo nelle mani del segnavia 8a, che non ritroveremo mai: esiste solo sulle cartine. Il sentiero parte nelle immediate vicinanze dell’angolo del recinto della Casa, tagliando in direzione opposta, con lieve pendenza, tutto il fronte erboso. Finirà con una balconata aerea, detta Clocheret, che introduce nel Vallone di Bioula. Stiamo percorrendo il fianco erboso ad est della Roletta, dirigendoci verso nord, per incontrare pendii sempre più ripidi, dai quali si scorge, più in basso, il sentiero appena percorso per arrivare ad Orvieille.
La balconata, sulla mappa al 25.000 indicata come Clocheret a quota 2.354, svolta ad angolo retto dentro il nuovo vallone che immediatamente si apre avanti a noi, quindi il sentiero, virando, attraversa in piano per portarsi quasi al centro del vallone, incominciando a salire in modo un po’ più piccante. Dalla balconata è ben visibile il percorso, senza però che sia intuibile dove possa finire. Cenni di pietraia sono riscontrabili; si intuisce una conca, poi un traverso verso destra, ma della meta non c’è parvenza alcuna. Ricominciamo a salire decisi sui pendii erbosi.
Terminata questa infinita serie di zig-zag il sentiero viene spazzato via dalla pietraia. E’ molto più grande di quanto avessimo potuto immaginare. Anni di frane, valanghe e smottamenti hanno cancellato il sentiero, sostituito da volenterosi ometti posti a segnavia. E’ una pietrtaia difficile da superare, lunga, con grandi massi. Bisogna conquistarsi l’uscita con grande fatica. Gli ometti tracciano una direzione sulla sinistra della pietraia. Il vecchio sentiero, invece, sale aggirando un terrapieno ben visibile alla destra della pietraia, sul versante opposto del vallone. Questo però lo scopriremo soltanto dopo, vedendolo dall’alto. Salendo, invece, non c’è modo di intuire il vecchio percorso, quindi si prosegue per linee più o meno rette, superando un ripido scalino che permette l’accesso al grande nevaio ai piedi della Punta Bianca di Bioula.
Finalmente il nevaio permette una camminata facile. Sovrastante il nevaio, un fianco della montagna, una sorta di ampio zoccolo terroso, presenta visibili tracce di sentiero, che solcano con agevoli tornanti il pendio. Manca soltanto l’inizio di questa traccia, che dal nevaio si raggiunge seguendo le rade lingue erbose, contese da ghiaia instabile. Il sentiero è veramente una velina, appena visibile, ma accompagna dolcemente quella che altrimenti sarebbe una terrificante rampa. L’ultimo traverso rimanda tutto a destra in piano, costeggiando il limite roccioso inferiore del vallone. Sempre in piano si arriva ad una specie di colletto (quota 2.905 m.) che introduce ad un ennesimo vallone, mentre la traccia si perde sulla cresta acuminata che va verso il Fourquin de la Bioula.
Nuovo cambio di versante e nuova sorpresa. Il vallone di Fouy è difeso da un’altra pietraia desolante, che termina alle pendici di uno stretto e ripidissimo imbuto. Sopra questo si giunge su di una spalla, posta ai piedi della punta vera e propria. Che questa volta crediamo di vedere …
Ripartire bene dalla cresta del Fourquin è un passo decisivo. Occorre rimontare la pietraia dove è visibile l’erba, andando verso lo spuntone di roccia che fa da pietra angolare tra i due valloni, dove termina il contrafforte che scende dalle Tours de Notre Dame. E’ bene soffrire un po’ la ripidissima salita, mista erba, per superare questo inizio della pietraia: sarà più facile trovare la traccia.

Passaggi chiave per la Punta di Bioula
In arancione il sentiero da noi percorso, quello segnato dagli ometti.
In rosso (sulla destra) i resti del Sentiero Reale che passano dietro il terrapieno visibile. Legenda:
A – Limite della pietraia, oltre al quale c’è il nevaio sotto i piedi della Punta Bianca di Bioula.
B – il terrapieno sulla sinistra orografica del vallone. Qui, come già spiegato, si vedono i resti del vecchio sentiero. Per raggiungere il terrapieno occorrerebbe attraversare tutta la pietraia a mezza costa. Operazione comunque scomoda e che allungherebbe il tempo di percorrenza. Meglio proseguire verso il punto A e guadagnare dal nevaio il bordo superiore del terrapieno.
C – lo zoccolo terroso dove si ritrova la debole traccia del sentiero.
D – il colletto per entrare nel vallone del Fouy (vedi mappa 2)
E – Quota 3.348, a nord della Punta Bianca di Bioula, non visibile.
F – il Passo di Lorghibet, 3.185 m. Fin dove c’è terra c’è una debole traccia visibile che sale a questo passo dall’impossibile versante opposto.
G – Tours de Notre Dame.

Ripresa effettuata dal nevaio della Bianca, intorno alle 15:00, con il versante purtroppo già in ombra. Legenda:
A – Congiunzione vecchio sentiero e “dove si arriva a spanne seguendo gli ometti” oggi, pochi metri sopra il nevaio.
B – Il colletto, quota 2.905, posto sulla cresta che scende dalle Tours de Notre Dame e precipita sul profilo del Fourquin de la Bioula. Da questo punto incomincia il vallone di Fouy: salire a ridosso del costone e proseguire lungo il sentiero che passa sotto il salto di rocce della cresta.
C – Il pianetto, la spalla sotto la punta principale.
D – La Punta di Bioula. Seguire la traccia fin quando possibile. Una volta persa, andare sul limite destro del versante, fino a raggiungere la cresta spartiacque.
E – La cresta verso il Fourquin de la Bioula.
F – Il Passo di Lorghibet.
G – Tours de Notre Dame.
… riprendiamo il cammino per la Bioula …
Una doverosa regola, arrivati a questo punto, è quella di non farsi inghiottire dal centro del vallone, e risalirlo sempre vicino al salto di roccia che scende dalla cresta della Bioula. In questo modo non c’è verso di perdere il sentiero. Noi abbiamo sbagliato la strada, facendoci risucchiare dal vallone, dovendo poi risalire il ripidissimo scivolo di detriti, praticamente in linea retta. Una volta risalito lo scivolo abbiamo visto comparire il sentiero, relativamente ben tracciato, alla nostra sinistra. Ricapitolando: dal colletto del Forquin, salire sempre al limite inferiore delle rocce, sulla sinistra, parallelamente all’andamento della cresta spartiacque con la Val di Rhêmes. Tutto questo tratto è dominato dalla spettacolare forma del Tours de Notre Dame, 3.325 m., sperone roccioso camaleontico.
Scrivevo che abbiamo sbagliato intuizione, perdendo immediatamente il sentiero. Cosa fatta capo ha! Finalmente, giunti sopra il ripido imbuto, a quota 3.209 m., un po’ di respiro, altissimi, con la Grivola proprio davanti agli occhi. Dalla parte opposta la salita finale alla Bioula, segue il Sentiero del Re (uno dei tanti!), appoggiandosi su regali manufatti alcuni dei quali ancora ben visibili. Anche qui il tempo ha lavorato ai fianchi le umane fatiche, spazzando via impietosamente quanto costruito. Resta poco di quest’opera povera ma, quando emergono, i resti fanno capire quanto doveva essere confortevole camminare su di un tracciato del genere. Apro una parentesi: credo che si possa tranquillamente asserire che se Regal Sentiero fosse integerrimo al cento per cento, la Bioula si potrebbe salire in Mountain Bike. Invece si fatica tantissimo anche a piedi!
Terminato il brevissimo tratto pianeggiante, seguiamo per quanto possibile ciò che è sentiero, abbandonandoci al concetto di linea retta, per rimontare dritti verso la cresta terminale, quando questo scompare nei pressi dell’estremità destra del pendio. Giunti nei pressi della risoluzione finale, quello che credevamo fosse la punta si rivela ben presto un truffaldino contrafforte. Guadagnato lo spartiacque compare un pinnacolo roccioso, aguzzo, che intimorisce lo sguardo. Sarà forse la poca lucidità, dovuta al grosso sforzo per arrivare fino a qui, ma un po’ di scoramento ci colpisce. Arrivare fin qua sopra e non salire in vetta fa male.
La preoccupazione dura poco, una volta che il cervello torna ad ossigenarsi. Il dente terminale si aggira comodamente sulla destra, fugando ben presto le nostre preoccupazioni. Sarebbe stata una beffa. In cinque ore e mezza siamo in punta e, credetemi, lo spettacolo è fuori da qualsiasi immaginario. La Bioula è un incredibile trampolino catapultato direttamente sulla valle centrale. Poche altre punte (forse solo l’Emilius) possono vantare una tale posizione. Lo sguardo penetra ben oltre il confine elvetico, oltre allo straordinario colpo d’occhio su tutto quanto è a portata di mano. Soltanto la Grivola beffarda ci domina, a pochissima distanza, disturbando la vista verso levante. Il resto è distillato di poesia pura: indescrivibile. Ancora adesso, mentre sto scrivendo, mi viene in mente il momento in cui ho poggiato il piede sulla cima: e mi corrono ancora i brividi giù per la schiena.
Dall’alto dei suoi 3.414 metri, la decentrata vetta domina interamente i suoi tre valloni, offrendo una vista su Degioz quasi a perpendicolo. Pur non essendo lunga come la Leppe, Lussert, Laures, questa è stata la gita più dura di questo fantastico 2001, coronato da un ottobre fatto di giornate da rimanere basiti, talmente sono belle. L’incanto di questa durissima punta sommato ad una giornata meteorologicamente perfetta creano effetti a dir poco straordinari. Che calma, tranquillità e rilassatezza, ora dalla punta. Se ripenso all’esordio mattutino, con quel cartello recante 7 ore e mezza, ed i dubbi sollevati dall’incognita del percorso. Ora è soltanto massima goduria.
Il temporaneo, quanto illusorio senso di onnipotenza che pervade chi è arrivato in cima, si interrompe non appena arriva il tempo della discesa. Gli allarmi “salva caviglie” si attivano e la concentrazione è massima per scendere in sicurezza. Come già accennato, dall’alto si scorgono notevolemente meglio tutte le tracce ed il sentiero che abbiamo ripetutamente perduto salendo. La discesa è durissima quanto la salita, perchè, a parte i tratti sul battuto ben visibile, le pietraie sono costosissime anche nel verso opposto. Con in più il fattore stanchezza sempre in agguato. Quindi ci mettiamo approssimativamente due ore e mezza, per raggiungere i Casolari di Orvieille. La blanda salita Vers le Bois – Orvieille diventa una lunghissima discesa. Un ora e mezza, per un totale di 4, per completare il ritorno.
Considerazioni finali sulla Punta di Bioula. Escursione lunga, molto dura, per certi versi estenuante, da affrontare con un certo allenamento. Il dislivello è notevole: dai 1.540 di Degioz fino a 3.414 m. per un totale di 1.874 m. Tutta la salita è incassata nei valloni e sembrerebbe deludente, perchè fino a quando non si sbuca in vetta non si vede altro che la Grivola ed i contrafforti occidentali del gruppo del Gran Paradiso: non perdetevi d’animo, sarete ripagati ampiamente.
Orvieille è il “punto di non ritorno”, nel senso che tra i casolari e la vetta non ci sono traguardi intermedi significativi. Quando si parte per la Bioula si deve arrivare in cima, perchè non avrebbe senso spendere metà o tre quarti dell’itinerario per non concluderlo. Mi spiego meglio: terminare la gita appena sotto il passo del Lorghibet, dove c’è il grande nevaio, non serve a nulla. E’ un posto brutto! Se si hanno solo 4 ore di autonomia è meglio spendere la giornata verso Djouan e passeggiare nel bellissimo vallone del Nampio.
Consideriamo il fattore meteorologico: da Orvieille in avanti non c’è alcuna possibilità di riparo. Il vallone della Bioula ed il Fouy non devono essere il massimo in caso di temporale. Occorre tenere conto che oltre due ore, tra andata e ritorno, si spendono marciando su pietraie e grandi detriti. Inutile sottolineare che cosa significhi marciare su pietre bagnate. Chi sceglie questo itinerario deve partire motivato, oltre che avere la certezza di piena collaborazione da parte di Giove Pluvio. Che montagna, la Bioula!
Info per la Punta di Bioula
Altitudine: 3.414 m.
Quota partenza: 1.451 m.
Dislivello totale: 1.874 m.
Località di Partenza: Degioz, Valsavarenche
Tempo salita: 6 ore / 7 ore
Difficoltà escursionistiche: EE
Esposizione: E
Mappa: IGC foglio 102 – Valsavarenche, Val di Rhêmes, Valgrisenche, scala 1:25.000
Accesso automobilistico
Autostrada: uscita casello AOSTA OVEST, proseguire lungo la SS. n. 26, direzione Courmayeur, fino ad Introd.
Da Introd, prendere in direzione Valsavarenche. Degioz è il “capoluogo” della valle e si trova dopo una decina di km circa dal bivio Valsavarenche – Val di Rhêmes. Un ampio parcheggio si trova esattamente in centro al villaggio (acqua). E’ possibile, risparmiando un paio di minuti a piedi (?!?) trovare parcheggio anche nella frazione Vers le Bois, dove parte il sentiero n. 8 per Orvieille.